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SPUNTI PER INIZIARE UN PERCORSO DI FISICA NUCLEARE
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2.1. Considerazioni
didattiche
La lettura di questo articolo può fornire agli studenti spunti storici di notevole interesse per approfondire la fisica del novecento, in particolare la fisica del nucleo.
Nei libri di testo della scuola secondaria la fisica nucleare è ampiamente trattata, con proposte di percorsi didattici che partono dalla radioattività ed arrivano alla formulazione di modelli sulla struttura dei nuclei, sviluppando generalmente i seguenti punti: la scoperta del neutrone, il difetto di massa, energia e stabilità del legame nucleare,
l’interazione forte e il decadimento alfa, il neutrino e il decadimento beta, la fissione nucleare, i modelli del nucleo (a goccia, a strati, collettivo).
Questo percorso può essere sviluppato seguendo diversi livelli di approfondimento che hanno come premessa i seguenti punti:
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la scoperta del nucleo da parte di Rutherford nel suo famoso esperimento eseguito a Manchester nel 1911, in cui dedusse le dimensioni del nucleo, portò alla formulazione dei vari modelli del nucleo.
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oggetto di studio della fisica nucleare sono le particelle nucleari (chiamate nucleoni), e la struttura del nucleo è definita non solo dalla carica ma anche dalla massa , dalle dimensioni e dalle forze tra i nucleoni che determinano la sua stabilità.
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la stabilità della struttura nucleare in rapporto alle sue dimensioni (le ricerche di Rutherford e dei suoi collaboratori sulla diffusione delle particelle mostrarono che i nuclei hanno raggi di
10-13
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10-12 cm) portò alla conclusione che esistono forze nucleari abbastanza forti da superare le forze elettriche che agiscono alle distanze nucleari.
L’energia di legame media di ogni nucleone nel nucleo è di circa 8 MeV, mentre
l’energia di legame media di un elettrone in un atomo è circa un milione di volte inferiore.
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la massa del nucleo trova soluzione nel 1932 con la scoperta del neutrone; in base alla validità delle leggi di conservazione
dell’energia e della quantità di moto si arrivò alla conclusione che il neutrone e il protone hanno la stessa massa.
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la possibilità di disporre di energie sempre più elevate ha permesso di mostrare che particelle ritenute elementari sono sistemi
“complessi” e che i quanti delle interazioni nucleari, i mesoni, hanno una massa, a differenza dei fotoni (quanti delle interazioni elettromagnetiche).
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la fisica delle alte energie (fisica subnucleare) ha mostrato che protoni e neutroni hanno
anch’essi una struttura interna che si evidenzia in due modi:
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nelle collisioni ad alta energia: i nucleoni sono formati da quark che interagiscono tra loro mediante le interazioni forti i cui quanti prendono il nome di
gluoni;
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nel decadimento spontaneo del neutrone in protone, elettrone e
antineutrino
elettronico n ®
p + e-
+ ne
(interazione debole i cui quanti sono i bosoni intermedi)
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Come primo livello ritengo opportuno sistemare le conoscenze di fisica nucleare seguendo un approccio storico e fornendo semplici modelli di interpretazione.
Questo primo livello può essere seguito
dall’utilizzo di leggi studiate precedentemente per stimare ordini di grandezza o determinare misure di grandezze note; ad esempio, si può determinare la massa del neutrone utilizzando le leggi di conservazione della quantità di moto e
dell’energia cinetica, oppure si può fare una stima dell’energia di legame con il principio di indeterminazione, o calcolare
l’energia di legame del nucleo di deuterio applicando il principio di equivalenza tra massa ed energia.
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2.2. Richiami storici in cui inserire un percorso di fisica nucleare: la struttura atomica, teorie e tappe significative nella prima metà del novecento
Nei primi 25 anni del secolo passato, oggetto di studio della fisica furono: i modelli atomici, la teoria dei quanti, la relatività speciale e la relatività generale.
Le teorie degli atomi si basavano su modelli meccanici i cui componenti erano cariche elettriche che formavano un sistema (atomo)
‘elettricamente neutro’; l’ipotesi più semplice era che l’atomo più leggero,
l’idrogeno, fosse costituito da una carica positiva (il protone) e una carica negativa
(l’elettrone). Il modello di J.J. Thomson (1903) assimilava l’atomo ad un panettone di forma sferica in cui la carica positiva è la pasta al cui interno gli elettroni sono intrappolati. Il modello planetario di Rutherford spiegava i risultati di collisione tra atomi e particelle alfa,
l’atomo appariva formato da un nucleo positivo centrale molto piccolo (almeno
centomila volte più piccolo delle dimensioni atomiche) circondato da una nube di elettroni.
La radioattività naturale scoperta da Hennri Becquerel e poi studiata dai coniugi Curie, veniva classificata nelle forme alfa, beta e gamma; la forma beta trovò soluzione, in seguito, nella rilevazione del neutrino ipotizzato da W. Pauli.
Il modello di Rutherford viene messo in crisi dalle teorie classiche
dell’elettromagnetismo: l’elettrone ruotando intorno al nucleo si dovrebbe comportare come un antenna che irradia e perde energia cadendo sul nucleo. Niels Bhor nel 1913 formulò un nuovo modello interpretativo tenendo conto della teoria dei quanti introdotta da Planck (1900) per spiegare
l’emissione dei corpi stellari caldi. La costante h di Planck utilizzata da Bhor nello spettro di Balmer, la ritroviamo nel 1905 nei lavori di Einstein, h esprime il rapporto tra
l’energia assorbita da un elettrone espulso da un metallo per effetto fotoelettrico e la frequenza della radiazione che produce
l’effetto. Ma la teoria di Bohr non era perfetta: la distribuzione degli elettroni in livelli di energia crescente non sempre spiegava, per sistemi diversi
dall’idrogeno, la regolarità della tavola periodica degli elementi.
Nel 1925 la teoria ondulatoria di Louis De Broglie, unita alla teoria di Erwin Schroedinger sulle equazioni delle onde e quella della meccanica delle matrici di Werner Heisenberg, portò ad individuare un nuovo modello interpretativo: gli elettroni non sono più punti materiali ma onde, cioè un elettrone di massa m e velocità v si comporta come un onda di lunghezza
d’onda h/mv; la prova si ebbe con l’esperimento di J.C. Davisson e L.H. Germer sulla diffrazione degli elettroni attraverso un cristallo.
Il principio di esclusione di W. Pauli venne formulato per riprodurre la regolarità della tabella degli elementi limitando a due il numero degli elettroni che possono stare in uno degli stati previsti, poiché gli elettroni hanno una proprietà, detta spin; due elettroni possono stare in un particolare stato a patto di avere gli elettroni orientati in senso opposto.
All’inizio degli anni trenta, quindi, si riteneva che la materia fosse composta da quattro particelle elementari -protoni -neutroni -elettroni -fotoni. Con queste particelle elementari era possibile, applicando le regole della meccanica quantistica, spiegare tutti gli elementi chimici, i loro composti e le loro radiazioni. Con
l’aggiunta di una quinta particella -il neutrino- si riuscì anche a descrivere i processi di decadimento radioattivo. Questo quadro interpretativo, fu però presto smentito dalla scoperta del positrone e nel 1936 dalla scoperta del primo mesone.
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2.3. L’origine della Fisica Nucleare
Lo sviluppo delle conoscenze intorno al nucleo atomico quindi risale al 1911 ma è necessario attendere fino al 1930 perché nasca
un’area di ricerca nota come
“Fisica Nucleare”. Questi venti anni di transizione possono essere divisi in tre periodi:
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nel primo periodo, che va dal 1910 al 1914, attraverso i lavori di Rutherford nel 1911, di Curie, Debierne, Soddy, Bohr e Moseley vengono posti una serie di interrogativi sulla struttura complessa del nucleo visto come sede di fenomeni elettrici, radioattivi e gravitazionali;
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il secondo periodo, che va dal 1914 al 1920, è
caratterizzato da una fase sperimentale, esperimenti sullo scattering di particelle
a, sulla radioattività e sulla costituzione isotopica degli elementi costituirono una fenomenologia tipicamente
nucleare;
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il terzo periodo, che va dal 1920 al 1933, è caratterizzato dalle numerose ricerche sul nucleo atomico; in questo periodo nasce, si sviluppa e tramonta il modello
(p-e) del nucleo, i cui unici costituenti sono i protoni e gli elettroni; il modello
(p-e) vive circa 13 anni e se ne conoscono 25 varianti (questa fase viene chiamata
“Protofisica Nucleare”).
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2.4. I primi modelli del nucleo
La scoperta delle emissioni dei raggi alfa e beta da parte dei nuclei radioattivi indusse a pensare che il nucleo fosse composto da particelle
a e b e che queste potessero essere i costituenti del nucleo,
“i mattoni fondamentali”, ma non tutti gli atomi avevano massa multipla di quella delle particelle alfa, ad esempio i vari
isotopi dell’idrogeno avevano massa inferiore a quella delle particelle a..
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Il modello
(p-e).
La spettroscopia di massa riportò in auge
l’ipotesi che faceva pensare il nucleo composto da particelle aventi massa unitaria e carica positiva i protoni o nuclei di idrogeno (dal greco
‘protos’ che significa ‘primo’). Che i protoni fossero effettivamente i costituenti dei nuclei, venne definitivamente dimostrato da Rutherford nel 1919 con la prima trasmutazione di un elemento in un altro: mediante il bombardamento di azoto con particelle a si otteneva la trasformazione di azoto in ossigeno con emissione di un protone. Si affermo quindi
l’ipotesi del nucleo composto da protoni ed elettroni, il modello
(p-e).
Il modello (p-e) del nucleo proponeva un numero di protoni pari al numero di massa e un numero di elettroni pari alla differenza tra il numero atomico e il numero di massa.
Questo modello, anche se poteva spiegare
l’emissione
a o b portò a risultati contrastanti tra i valori teorici e sperimentali delle energie in gioco e dei momenti magnetici e angolari. La fase discendente del modello
(p-e) è attribuibile a vari fattori: lo sviluppo delle conoscenze sulla meccanica quantistica (1926-27), le anomalie riscontrate sulle proprietà degli elettroni nucleari, la scoperta del neutrone (1932) e
l’opera di Fermi che mise a punto quadri teorici potenti sulla creazione e distruzione di particelle massive. Due eventi caratterizzarono
l’effettivo tramonto del modello
p-e: il decadimento a ( spiegazione di Gamow nel 1928) e lo scattering anomalo.
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Il modello
(p-n)
Gli studi sulla trasmutazione degli elementi indotta dalle particelle a portarono
all’individuazione di un altra particella, il neutrone. Il nucleo, in seguito alla scoperta del neutrone fatta da Cadwick allievo di Rutherford , si presenta come una struttura composita formata da protoni e neutroni
(p-n). Anche il modello “protone + neutrone” portò a contraddizioni tra i valori teorici e sperimentali.
Il modello
(p-n) di Heisenberg
Heisenberg nel 1932 suppose che il nucleo atomico, di numero atomico Z e numero di massa A,
fosse costituito da Z protoni e A-Z neutroni legati dallo scambio di elettroni,
A corrispondeva al numero di nucleoni nel nucleo.
Secondo Heisenberg le forze di scambio tra nucleoni si avevano quando un neutrone, perdendo un
suo elettrone, si trasforma in protone e l’elettrone, catturato, da un protone si trasforma in neutrone; i
diversi isotopi di uno stesso elemento differiscono solo per il numero di neutroni nel nucleo.
Questo modello sembrava in grado di spiegare i decadimenti radioattivi
b o a ma non era confermato
dalle prove sperimentali.
Il nucleo
dell’idrogeno
1H1 è formato da un solo protone Z=1 e quindi
A=1, il nucleo del deuterio (idrogeno pesante) 1H2 è formato da un protone
Z=1 e un neutrone n=1 (n=A-Z) e quindi
A=2.
Nel modello di Heisenberg i neutroni erano ritenuti composti da protoni ed elettroni e quindi un
nucleo di azoto avrebbe dovuto essere composto da 21 nucleoni, 14 protoni e 7 elettroni (dato che
la differenza 14-7 erano i neutroni. ritenuti composti a loro volta da protoni ed elettroni).
Dall’analisi spettrografia si vide che esso doveva contenere un numero pari e non dispari di
nucleoni.
Se si assume che il neutrone è una
“particella elementare” il numero di nucleoni dell’azoto è 7+(14-7)=14 cioè pari.
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Il processo con il quale un neutrone si trasforma in
protone + elettrone non trovò spiegazione per diversi anni, si pensò che nel decadimento
b l’energia non si conservasse, la soluzione venne trovata ipotizzando che nel processo si formasse
un’altra particella neutra, il neutrino, la cui esistenza fu provata sperimentalmente solo nel 1956.
Esperimenti successivi fino ai giorni nostri hanno portato a vedere nella composizione del nucleo maggiore complessità. Il principale contributo è attribuito alla scoperta del mesone, si conoscono più di un centinaio di differenti mesoni, la loro esistenza è transitoria, nessuno vive più di alcuni microsecondi , molti decadono
all’istante in cui sono formati; i prodotti finali dei decadimenti di queste particelle sono i neutrini. Per spiegare la natura delle forze che tengono insieme i costituenti del nucleo, il fisico H. Yukava nel 1935 avanzò
l’ipotesi che le forze tra i nucleoni fossero dovute allo scambio di mesoni
p.
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Bibliografia essenziale
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Paul T. Matthews,
Nel nucleo dell’atomo, biblioteca della Est, edizioni scientifiche e tecniche Mondadori.
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Società italiana di Fisica, Congresso Nazionale,
Udine 1993 / Lecce 1994, a cura di A. Rossi, -“Atti del XIV e del XV congresso nazionale di storia della
fisica”, Conte Lecce.
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P.P.C. Progetto
Fisica, vol.3, Zanichelli, seconda edizione
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R.Ceriani,
B.Sangiorgio, Modelli e Realtà, vol.3, Marietti Scuola
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C. Bernardini, S. Bernardini,
Fisica degli atomi e dei nuclei, Zanichelli Bologna 1965
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C. Bernardini,
La fisica, Editori Laterza.
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P.Violino, O. Robutti,
La fisica e i suoi modelli, Zanichelli.
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