William Burroughs, maestro della beat generation, nasce nel 1914 a S.Louis (USA), e muore ai primi di agosto di alcuni anni fa a Lawrence nel Kansas. E’ stato l’unico esponente di spicco della beat generation che continuò ad esercitare l’attività letteraria godendo di credito letterario e di grande ammirazione da parte del mondo musicale. Infatti i Soft Machine scelsero il proprio nome in onore dell’opera di Burroughs “La morbida macchina” scritto nel 1961 (che uscì in Italia per la prima volta nel 1965 con le Edizioni Sugarco). L’appartenenza a questa corrente è stata da lui vissuta con distacco: se spesso ne ha condiviso critiche e valori anche negativi se ne è distaccato sostanzialmente nei modi di comportamento assunti. Burroughs infatti fu un aristocratico, di estrazione alto-borghese, compì studi ad Harvard ed in Europa, si formò una famiglia e restò fermamente fedele alla ragione illuminista. Durante il lungo corso della sua vita scrisse molti romanzi, tra cui “Il pasto nudo” che in seguito venne reso un ottimo film da David Cronembergh interpretato da Peter Weller. Burroughs oltre a romanzi, incise dischi di poesie, ad esempio “Dead city radio” e “Spare ass Annie” (incisi rispettivamente nel 1990 e nel 1994 con i Disposable Heroes of Hypochrisy”) ed altre collaborazioni con i Sonic Youth. “The Priest they called him” fu il più importante tra questi, registrato nel Febbraio del 1993 insieme a Kurt Cobain, celebre cantante dei Nirvana. Fu una registrazione a distanza perché Cobain registrò la base di chitarra a Seattle, il poeta, invece, la voce a Lawrence e solo in un secondo momento queste due tracce vennero sovrapposte: il prodotto fu un EP insolito. Burroughs dice: “Quando scrivo mi comporto da cartografo, come un esploratore di aree psichiche nuove”. Alcune opere sono state scritte utilizzando la tecnica del cut-up, cioè prendendo brani in prosa suoi o di altri, tagliandoli per poi montarli insieme in modo casuale, come ad esempio in “La morbida macchina”, “Il biglietto che è esploso” e “Nova express”. Per questo scrittore il nostro essere è dominato dagli altri, dall’istituzione e l’unico modo per poter acquistare la nostra libertà è il lasciar fluire liberamente nella nostra mente parole ed immagini senza applicare i soliti schemi di ragionamento; per lui gli stupefacenti e il sesso liberano la mente.

Opere consigliate: “La febbre del ragno rosso” (1996) e “Il gatto in noi” (1986 a New York, nel 1992 in Italia).

Michele Alessandrini