CAPITOLO I
-Martina allo specchio-
Classe 3C
“Dai che arrivi primo!” gli avevano strillato quelli dal muretto. E giù a ridere... Mai nessuno che si facesse i fatti suoi!
Marco correva da più di mezz’ora. Aveva iniziato che era giorno pieno e ora il cielo sopra Roma sfoderava un vertiginoso aranciorosavilettoapicconelblu. Da paura.
Come al solito aveva calcolato male i tempi. Come al solito avrebbe giurato di conoscere a perfezione la strada. Come al solito si era perso.
Il sudore gli bagnava la faccia, gli s’infilava negli occhi, gli incollava addosso la camicia stirata per benino. Un disastro.
Aveva attraversato i giardini di villa Borghese in un lampo e adesso era lanciato nella discesa che corre alla scalinata di piazza di Spagna. Alberi, panchine, mamme, carrozzine, motorini, lampioni, chioschetti, mendicanti, artisti di strada… Uno slalom bestiale. Trinità dei Monti e… Stooop!
Ora che la scalinata bianca franava sotto i suoi piedi, Marco si rese perfettamente conto di essere ridotto uno schifo.
Guardò l’orologio: 25 minuti di ritardo.
Si passò una mano tra i capelli, si sbottonò la camicia e iniziò a scendere i gradini lentamente.
“Intanto mi asciugo”, pensò.
Dall’alto vedeva la piazza brulicare di vita puntiforme. Tra la confusione di teste intorno alla barcaccia del Bernini, si sforzava di riconoscere quella riccioluta di Martina. Niente da fare.
Ormai era arrivato. Martina non c’era.
Marco si accovacciò sui gradini talmente carichi di gente allegra che sembrava di stare allo stadio un momento prima dell’inizio di un concertone rock. Piantò i gomiti sulle ginocchia, la faccia tra le mani e si mise a pensare.
Forse era in ritardo anche lei.
Se la immaginava arrivare di corsa. “Scusa, sono imperdonabile” gli avrebbe detto con un delizioso sorriso rosa fragola...
Nel bel mezzo del suo fantasticare però, all’improvviso, Marco rabbrividì. In quel preciso momento avrebbe giurato che qualcuno lo stesse fissando.
Si voltò di scatto. Dietro di lui, una ragazza sconosciuta lo guardava e sorrideva. Era bella eppure... eppure una strana sensazione gli scivolò fin dentro le ossa; qualcosa nei grandi, insistenti occhi chiari di lei lo mise terribilmente a disagio.
“Do you speak english?”, gli chiese avvicinandosi un po’. I capelli, scivolando in avanti, le accarezzarono la spalla puntinata di lentiggini, scoprendo uno strano tatuaggio…
Alta, capelli scuri, un sorriso dolce e misterioso: sembrava uscita da una favola. Marco ammirava i suoi occhi verdi, scosso da leggeri brividi. Quello sguardo deciso e allo stesso tempo vuoto era agghiacciante e ipnotico. La squadrò più attentamente: i lineamenti del viso erano delicati e la corporatura esile. Preso da uno strano pensiero, Marco disse, più a
se stesso che a lei “Ci conosciamo?”. La ragazza distolse lo sguardo per un attimo, sembrò indecisa. “No”, rispose con un tono secco. Marco insistette :“Eppure… mi sembra di averti già vista…”. “Non mi sembra” ribatté lei, alzandosi dal gradino. Dopo un’ultima occhiata assente, si voltò e cominciò a correre giù per la scalinata. Marco non era ancora convinto della sua risposta: guardando più attentamente quella ragazza era sempre più sicuro che gli fosse familiare. Decise di seguirla. Sceso dalla gradinata, attraversò velocemente la piazza ancora piena di turisti, senza perderla di vista. La vide infilarsi in un vicolo. Rallentò il passo per non farsi vedere. Anche lei non correva più, ma camminava velocemente sotto la debole luce di un lampione. La sua ombra sembrava davvero enorme; per un momento Marco credette di vedere delle grandi ali proiettate sul muro. “Impossibile” pensò, continuando a starle dietro. Ormai era diventato buio, Marco seguiva la fuggitiva senza fare caso alle strade che prendeva, vicoli stretti,tortuosi e deserti. Finalmente si iniziarono a vedere di nuovo viali illuminati. La ragazza non dava l’idea di voler rallentare, mentre Marco era sfinito. Proprio quando era sicuro che le sue gambe avrebbero ceduto, lei si fermò. Di fronte a loro c’era una casa, di quelle a schiera ma senza giardino, con il numero 17b stampato sul cancello. Marco la riconobbe subito, e si appoggiò su una macchina per non cadere: quella era la casa di Martina. Mentre aveva ancora il fiatone e il cervello in confusione, vide la ragazza misteriosa aprire il cancello ed entrare. Marco si ricompose e guardò l’orologio: era tardissimo. Lo aspettavano una cena fredda e una bella sgridata. Ripassò a mente la strada di casa e si avviò.
La mattina dopo Marco si svegliò agitato: era ancora scosso da quello che aveva visto la sera prima. Uscì per andare a scuola con un pacchetto in mano, deciso a farsi perdonare da Martina per il ritardo del giorno precedente.
Eccola. La vide davanti al portone della scuola e si diresse verso di lei, nascondendo il regalo dietro la schiena. Appena Martina lo salutò, lui andò in confusione. Senza spiccicare parola le porse il pacchetto.”Grazie. Cos’è?” disse lei stupita. “Ehm… aprilo…” balbettò Marco a disagio. Martina scartò lentamente la scatola e ammirò la collanina: era d’argento e il ciondolo rappresentava un cuore con due ali. Dietro le alette erano incise due “M”. Martina rispose:”E’ bellissima, ma non ce n’era bisogno non ero neanche arrabbiata con te!”. Marco le sorrise e tirò un sospiro di sollievo. In quel momento la campanella trillò: dovevano separarsi. Nella fretta Marco le disse: “ Ci vediamo stasera alle 19.30 davanti a casa tua!” La ragazza non fece in tempo a rispondere che lui era già entrato, così si limitò ad annuire un po’ preoccupata.
19.50. Marco stava per rinunciare e tornare a casa: erano venti minuti che la aspettava lì impalato. Quando stava per voltarsi sentì il cancello che si apriva. Si sistemò i capelli e aspettò Martina nascosto dietro il muretto, per farle una sorpresa. Sentì i passi e uscì dal suo nascondiglio. Appena vide la persona che stava imbambolata di fronte a lui si sentì mancare il respiro: non era Martina. La ragazza misteriosa del giorno prima cominciò a correre subito dopo averlo visto. Stavolta Marco non la inseguì. Si chinò per raccogliere ciò che le era caduto: una collanina d’argento con due “M” incise dietro.