IL DOPOGUERRA
 
Se è vero che con il fascismo si raggiunse un nuovo equilibrio urbanistico, è anche vero che tale stabilità risultò in gran parte fittizia. Il piano regolatore del 1934, primo vero piano di ampliamento della città, non trovò un'attuazione immediata, mentre il problema dell'abitazione popolare a basso costo rimase sostanzialmente irrisolto, nonostante l'attività edilizia svolta sia dalla "Terni" che dagli enti pubblici locali. Era, questo, il contesto urbano lasciato in eredità dal piano di ricostruzione del secondo dopoguerra: una realtà ulteriormente segnata dalle lacerazioni e dalle devastazioni provocate dalla guerra. Il piano di ricostruzione, elaborato dall'architetto Mario Ridolfi, fu il frutto di un particolare contesto politico-culturale che vide per la prima volta la partecipazione attiva della classe operaia. Dagli anni quaranta e cinquanta, caratterizzati dall'esigenza di dare un'abitazione ai senzatetto, si passò ai vasti ed articolati interventi degli anni sessanta e settanta, gestiti sia dall'amministrazione pubblica che da cooperative ed aziende private. Nacquero così il quartiere San Giovanni, i quartieri Cesure e Le Grazie, le case popolari di borgo San Valentino, i villaggi Metelli, Iclis, Astra e Thyrus, il nuovo villaggio Matteotti, il quartiere Cospea e il complesso residenziale CEP. In una fase di emergenza, nel periodo compreso tra la fine della guerra e i primi anni cinquanta furono costruiti altri complessi edilizi destinati ad accogliere i senza tetto. La più importante realizzazione in questo senso fu quartiere Italia.
 
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