Irene Furlan 3D
1° Classificata


Avrà si e no 14 anni. Mani magre, dita lunghe…mi ricordano il pianista. Berlino. Aperto sopra il leggio, tutti i giorni, leggeva e suonava il pianoforte, la mia musica. Un giorno irruppero nella stanza i nazisti, armati di mitra e lo trascinarono fuori. Un giovane soldato fu l’ultimo ad uscire, mi guardò, mi richiuse e mi mise in tasca. Nella sua branda, mi poggiò sul suo petto. Vidi i suoi occhi azzurri diventare lucidi e poi pieni di lacrime,mentre leggeva e piangeva i miei dolori. Mi finì di leggere poi scrisse sulla prima pagina dopo la copertina “Verfehlung reisen” mi impacchettò e mi spedì ad una ragazza che viveva a Londra e furono mani grasse e profumi di spezie. Mi lesse con avidità e quando scese alla stazione di Londra, io rimasi sul treno. “Fault to travel”, lasciò impresso sotto al suo amico tNuova pagina 1edesco. In Spagna Pablo Picasso scrisse “Error Viajar” prima di lasciarmi sulla sabbia a Playa del Sol. Viaggiai fino a New York; mani grandi, scure e chiare, piccole mani. In un Pub di Chicago anelli e smalti colorati. Mani mutilate, leggere e nervose, mani curate e callose, dalle unghie spezzate o morsicate. Mani calde e gelide, mani sudate. A Washington, alloggiai per un giorno alla Casa bianca dove la First lady mi lesse tutto un tiro, mi strinse al petto e sospirò...In Francia due giovani innamorati scrissero: “Faut il voyager” poi mi lasciarono in un pulman diretto a Roma. Avrà si e no 14 anni…ha mani magre, delicate… Compie il gesto consueto di chi ha finito un libro, sfogliando l’ultima pagina. Il pulman è fermo. Stazione Termini di Roma. Lei scende. Pochi passi, mi guarda, sospira, e “Fallo Viaggiare”, scrive…e poi mi lascia in una panchina, in attesa... Prima di altre terre... Prima di altre mani…

Benedetta Reale 3D

La mia storia comincia in un parco. E, quella lì seduta su una panchina appartata, parcheggiata all’ombra, che sta gesticolando verso quella ragazza pressappoco della sua stessa età, che si presuma sia l’amica, sono io. Lei è in ritardo come al solito, a qualsiasi appuntamento. Si scusa e si siede vicino a me per riprendere fiato, anche se non ha corso. Così, le chiedo cos’è che la faccia eccitare tanto. Lei mi racconta senza quasi riprendere fiato, diventando sempre più paonazza per l’emozione. Non ci capisco quasi niente quando parla così, ma ci sono abituata: non è la prima volta che lo fa, deve esserle successo qualcosa d’incredibile. L’unica parola che riesco ad afferrare mi sembra sia “Bookcrossig”. Non l’ho mai sentita prima, forse non è neanche una parola. Lei mi spiega cosa significa, ancora più concitata di prima. Mi ci vuole un po’ per afferrare il concetto. E’ qualcosa di nuovo per me. Di certo non per la mia amica: lei sa sempre tutto, da lei è impossibile non conoscere qualcosa di nuovo. Se ho ben capito questo “Bookcrossing” sarebbe un circolo che si è da poco attivato e consiste nel leggere ancora di più. Si può lasciare un libro che si è letto e che è piaciuto molto in un posto appositamente frequentato, così poi, può prenderlo qualcun altro, leggerlo e lasciarlo da qualche altra parte e così via… “E te dove lo lasceresti?” le chiedo “Forse di nuovo qua, dove l’ho’ trovato, però non su una panchina, ma in un posto più sicuro per un libro, senza il rischio che si rovini” mi risponde. Ad un tratto si porta la mano alla testa e alza gli occhi al cielo come se si fosse dimenticata qualcosa, un vuoto di memoria improvviso. La guardo sinceramente incuriosita, mentre sta trafugando dentro la sua borsa in cerca di qualcosa. Alla fine estrae un libro con gli angoli un po’ spiegazzati. Me lo porge con aria enigmistica e la sua espressione si fa più buffa. La copertina è appena consumata ai bordi. Leggo il titolo ad alta voce “Gli ultimi minuti di vita di una guida fluviale, di R. Flanagan”. A sentirlo pronunciare, lei si illumina tutta e sorride come se fosse stata lei a scriverlo “Ieri pomeriggio ho trovato questo libro su una panchina, sai? Proprio in questo parco” dice. Adesso capivo il motivo per cui aveva tanto insistito perché c’incontrassimo qui. Sceglieva sempre lei il luogo e qua ci venivamo rarissime volte. Mi sistemo meglio la sciarpa rossa intorno al collo e me la tiro un po’ su fino a coprirmi il naso .Già mi ero beccata il raffreddore, non ce l’avrei fatta a sopportare anche il mal di gola. Indico il libro che ho in mano “E lo hai iniziato a leggere?” chiedo. Lei mi risponde di sì, che è già verso la metà e gli piace veramente tanto “Non riesco a staccargli gli occhi di dosso”ammette “Ma sai chi lo potrebbe aver lasciato?” domando. Questa storia del “Bookcrossing” si sta facendo interessante, per i miei gusti…Risponde di no, che non lo sa, e dalla sua faccia vedo che ci è rimasta un po’ male. Cominciamo a camminare per il parco, le mani in tasca egli occhi rivolti verso il basso. Per un po’ non parliamo. Mi chiedo a cosa stia pensando; di sicuro al libro che ha trovato, al proprietario (o alla proprietaria)che, io so, avrebbe tanto voluto conoscere. Vedo che questa storia, del “Bookcrossing” intendo, si adatta perfettamente a lei, alla mia amica. E’sempre stata così: imprevedibile, non si sa mai dov’è, almeno finché non è lei a chiamarti per passare un po’ di tempo insieme, non si capisce mai quando ti sta ascoltando o se è in qualche altra dimensione, in luoghi fantastici che neanche a me osa rivelare. E’ un po’ come me. Forse è per questo che andiamo così d’accordo. Certo, ora che ne sento parlare, mi sento subito partecipe al “gioco”, se vogliamo chiamarlo così; anche a me sarebbe piaciuto trovare un libro qualsiasi in un posto qualsiasi, come se fosse stato un tesoro da custodire e quelle domande intriganti che lasciano spazio al mistero… Sorrido stupidamente, ma mi riprendo subito. A pensarci bene questo “gioco” è strano davvero. Come si fa ad abbandonare un libro? Come fai a sapere che la persona che lo prenderà poi, ne avrà cura? Che fine farà? Io non lo farei mai: non voglio, non posso, non ci riesco a separarmi da un libro anche se già l’ho letto, perché è qualcosa di mio, che mi appartiene e non sarei disposta a donarlo a qualcun altro. Ci stanno apposta le biblioteche, perché la gente deve complicarsi la vita andando da un posto all’altro a giocare a “caccia al tesoro” per scovare un libro? Insomma, come al solito mi ritrovo poco convinta. Scosto le foglie secche sparse ovunque che m’intralciano il cammino e mi diverto a farle scricchiolare sotto i piedi. A un certo punto Marta(la mia amica) mi propone di affrettare il passo perchè si sta congelando. Ci confrontiamo i nasi: il suo è più rosso del mio. “Mi sa che mi sono raffreddata” borbotta a mezza voce. Naturalmente non ha fazzoletti con sé, così le presto un pacchetto, tanto ho le tasche strapiene. Si può dire ormai, che stiamo praticamente correndo come due sceme per il freddo, fortuna che il parco si è un po’ svuotato ed è più facile evitare le persone. Le foglie scrocchiano più sonoramente e comincio a fare nuvolette di vapore con la bocca. Basta, non ce la faccio più…devo fermarmi. E mi fermo. Cioè no, meglio: cado. Inciampo su qualcosa di duro che il mio piede ha urtato, per fortuna non mi sono fatta niente…però che figura! Divento rossa più di prima, se possibile. Una signora anziana di passaggio mi scruta dall’alto in basso, mentre cerco goffamente di rialzarmi sotto tutti quegli strati di maglioni pesanti,e scuote la testa “Ma che ha da guardare quella?” sbotta Marta, aiutandomi a rialzare “Stai bene?” mi fa, anche lei col fiatone. Io rispondo distrattamente, troppo impegnata a guardare per terra alla ricerca di quel dannato affare, forse un sasso…Boh, non lo so, però era grosso…Alla fine individuo per terra, coperto dalle foglie, un libro. Mi accuccio e lo ripulisco meglio che posso. Eh sì, è proprio un libro. Rimango senza fiato solo per un secondo e in quello stesso attimo sento scorrermi lungo la schiena tutto un brivido. Mi guardo in giro, tra la gente, forse qualcuno lo ha perso. Marta me lo ruba senza preavviso “Oh,bene!” esclama. Lo rigira, lo esamina in tutte le angolazioni possibili. So quello che sta per dire, infatti dice “Bookcrossing”, una parola che ne dice tanta altre. La guardo poco convinta e mi riprendo il libro in modo un po’ bruto. Lo esamino. Fa proprio schifo. La copertina, intendo, il titolo nemmeno si riesce a leggere bene, l’autore per niente, conciato com’è. Prendo un fazzoletto e questa volta il risultato è più soddisfacente di prima. Questa volta riesco a leggere bene il titolo, che è “Prima della notte”. Purtroppo il nome dell’autore non lo riesco a decifrare. Sfoglio il libro velocemente, le pagine sono leggermente ingiallite e odorano di terra, di carta antica, sanno di umido. Il colpo finale: le ultime pagine sono state strappate. Lo guardo disgustata “E io dovrei prendermi questa roba? Col cavolo!E poi senti, non sta scritto da nessuna parte che bisogna farlo per forza. Ma dai, dico, guarda com’è ridotto, fa pena. Gli hanno anche strappato delle pagine, tanto vale buttarlo, non lo leggerà mai nessuno” Marta mi ritoglie precipitosamente il libro dalle mani “No!Non farlo,sarebbe uno sbaglio” dice, ed è così decisa che non trovo di che ribattere rimango a fissarla meravigliata “Questo potrebbe essere l’inizio di qualcosa, di una storia magari…non lo trovi elettrizzante? Chissà chi c’è stato prima di te!” La voce gli si fa strozzata per l’emozione “Io lo trovo solo una perdita di tempo, è una stupidaggine, non voglio averci niente a che fare e poi…se lo leggo come faccio a sapere come va a finire la storia se le pagine non ci sono?” ribatto per tagliar corto. Ma è difficile spuntarla con Marta “Appunto è proprio questo il bello!” Esclama. Insomma, alla fine è finita che me lo sono portato a casa e non l’ho ancora degnato nemmeno di uno sguardo. Il libro sta ancora lì, sul comodino in camera mia, dimenticato da tutti, purtroppo inspiegabilmente non da me. Spinta da una tale curiosità, che io stessa cerco di sopprimere, afferro il libro, me lo porto in sala, e mia allungo comodamente sul divano. Per un attimo resto incerta sul da farsi. Alla fine lo apro. Le pagine si stendono perfettamente come se volessero accogliermi in un caloroso abbraccio di benvenuto “dedicato a mia moglie Susanna, morta nel lontano Marzo del ‘63”. Sotto c’è scritto il nome dell’autore: Logan Moore, e di nuovo il titolo a caratteri cubitali: Prima della notte. Capitolo I°: “C’era una volta ….. no. Non è questo il modo per cominciare, altrimenti penserete che si tratti di una fiaba. E non lo è. Dunque, allora …. Suppongo dovrei partire dall’inizio, di certo non dalla fine …. Che oltretutto non c’è.” Mi fermai di botto e aggrottai le sopracciglia. Andai subito alle ultime pagine: erano strappate. Così proprio come lo avevo trovato. Cosa significava? Era forse un caso? Eppure diceva proprio “ ... la fine che oltretutto non c’è …” Sussultai e richiusi istintivamente di scatto il libro. Il telefono stava squillando. Era Marta “Allora? com’è? L’hai iniziato a leggere? Di che si tratta?” Le avrei voluto sbattere volentieri il telefono in faccia. Sbuffai e cercai di rallentare i battiti del cuore “Mi hai fatto prendere un colpo!” sbraitai, poi, prima che potesse riattaccare a parlare la precedetti “Si, l’ho cominciato e … non so ancora di che si tratti di preciso” Marta mi consigliò di andare a vedere la trama. Che stupida ero stata: la trama, ma certo! Come avevo fatto a non pensarci prima? Salutai la mia amica e mi tuffai a capofitto sul divano, questa volta con una curiosità ed eccitazione che presero il sopravvento. Girai il libro nell’altro verso. Eccola. Alcune parole si erano un po’ sbiadite ma si capiva perfettamente. Si trattava di un romanzo, una storia d’amore, si svolgeva nel lontano Medioevo. La vita era difficile allora, ed erano ancora in circolo storie e leggende su creature mai viste prima, dai poteri inimmaginabili, draghi, stregoni a cui erano richiesti molti filtri d’amore, inganni, tradimenti e così via. Come in ogni storia che si rispetti c’è sempre una minaccia in agguato e come in ogni trama che si rispetti il finale non veniva mai svelato al lettore. Non mi restava che leggerlo e scoprii subito che era davvero avvincente, ormai ci passavo tutto il giorno sopra. Marta mi chiamava quasi sempre e ci vedevamo a casa sua o a casa mia (ormai il freddo era diventato insopportabile ed era impossibile uscire fuori). “Ti piace?” “Molto. E’ davvero un peccato che abbiano strappato le pagine, non saprò mai come andrà a finire.” “E chi lo sa?” Marta è appollaiata accanto a me sul divano e sfoglia il mio libro quasi come per accarezzarlo. Mi fa un certo effetto chiamarlo il “mio libro”, perché in realtà non lo è mai stato. Le racconto un po’ la storia fin dove sono arrivata “Lui si chiama Alexander, è orfano, i suoi genitori sono stati uccisi quando era piccolo per mano del re Norten, un uomo malvagio e senza scrupoli che fa vivere il popolo nella miseria più totale. Per questo motivo Alexander è un aspirante cavaliere che vuole riportare giustizia. Ma ha molto da imparare e ad aiutarlo sarà uno stregone, Orlando, che lo ha accudito sin da quando era piccolo. Un tempo gli stregoni erano al servizio di Norten, mentre ora molti, come Orlando, gli si sono rivoltati contro. A questi viene data la caccia, così Alexander non è più al sicuro e Orlando per proteggerlo perderà la vita. Prima di morire però gli dona una spada magica che ha forgiato lui stesso, splendente come squame di drago bianco. Alexander non può più restare al villaggio perché è ormai ricercato da tutti, così si rifugia nella Foresta Infestata. Si credeva che fosse popolata da spettri, ma in realtà erano solo voci e quello era un luogo ideale per nascondersi: nessuno si sarebbe addentrato nella foresta. Nessuno … tranne una fanciulla di nome Eliadra, sfuggita appena in tempo dalla tirannia del re. Lei ed Alexander si innamorano e scoprono che la foresta è veramente infestata, ma non da spettri … bensì da un centinaio di uomini che avevano tirato su un gruppo di ribelli per combattere Norten e …” “ma allora è anche un po’ fantasy! Mi piace!” esulta Marta, interrompendomi. Le spiego che sono arrivata a questo punto e che la battaglia si sta avvicinando. “Che bella storia, se non fosse per queste pagine ….” Dice Marta, sospirando e mi restituisce il libro “chissà perché si intitola così” “Non so, credo perché è quando ha inizio la battaglia: Prima della Notte, anche se il libro non né parla.” “Sarà.” Poi mi cadono gli occhi su un pezzo di pagina rimanente, quella strappata. Non ci avevo mai fatto caso. Lo faccio vedere anche a Marta “Cos’è?” fa lei, già tutta quanta elettrizzata “Sembrerebbe una lettera … una G. no, no … C? forse un sei … non si capisce” “Qualcuno ci ha scritto sopra con un pennarello indelebile!” “Sembrerebbe un altro tipo d’inchiostro” “ E questa?” Marta si rigira tra le dita una piccola piuma di piccione tutta spennacchiata e sporca. Sorride. Conosco quel sorriso. Mi spaventa. “no!” Sbotto secca. Mi chiedo come mai non mi sia accorta prima della piuma. Un secondo indizio “ E’ solo una piuma, ti ricordo che il libro lo abbiamo trovato per terra, può esserci finita un sacco di sporcizia! Chissà da quanto tempo stava lì” Ma Marta non molla “Senti, vacci te dal Pazzo, sai che bella coppia fareste!” Adesso vi spiego. Il Pazzo, lo chiamano così tutti da quando quel vecchio ha cominciato a parlare ai piccioni. E’ un barbone, vende dei quadri, forse anche rubati, così nessuno glieli compra. Campa per miracolo quello. Nessuno lo ha mai sentito parlare, con delle persone intendo, e nessuno vuole averci niente a che fare. Sapevamo dove trovarlo. E’ seduto su i gradini della cattedrale e un paio di piccioni gli svolazzano intorno, uno, il più grosso gli sta appollaiato sulla spalla. Supplico per l’ennesima volta Marta di tornare indietro e di lasciar stare, ma è come parlare al muro. Vorrei scappare via ma Marta mi tiene avvinghiata a sé ed è da un pezzo ormai che il Pazzo ci sta scrutando, non posso lasciarla sola. Mi guardo intorno. Non c’è quasi nessuno e la gente sembra non fare caso a noi. Il vecchio si alza subito in piedi, con una certa agilità per la sua età, che arretro di un passo intimorita. Alcuni piccioni spiccano il volo, ma il più grosso gli rimane attaccato alla spalla. Sembra quasi che mi fissi con la stessa aria imbronciata del padrone. Forse pensa che compreremo uno dei suoi quadri “Salve”saluta Marta. Il vecchio non reagisce, ma lei fa finta di niente “Sono belli i suoi quadri” Continua Marta, indicandone certi a casaccio, posti per bene su i gradini. Silenzio. “Ma li fa proprio lei?” Il vecchio fa di sì con la testa. Il piccione grosso fa lo stesso. Marta ride. Come fa a ridere? “E’ suo? lo ha addestrato lei?”cerca di attaccare conversazione. Il vecchio sembra compiaciuto e accarezza il piccione sotto il collo. Noto subito che ha l’indice e il medio della mano destra sporche d’inchiostro. E’ inchiostro,non c’è dubbio. A un tratto lo sguardo mi cade su un piccolo quadro in particolare. Non capisco cos’è che mi abbia attirato l’attenzione. L’osservo meglio. Scuoto Marta per un braccio e le faccio notare il quadretto. Ha un fremito per l’eccitazione. “Scusi,quanto vale quello?” chiede Marta. L’uomo scuote la testa “Non è in vendita”. Ha un accento strano, ma si sapeva che era straniero. Insistiamo ancora un po’, ma niente da fare. “Quel vecchio ci nasconde qualcosa”dice Marta. Siamo di nuovo a casa mia, entrambe abbattute. “Hai visto quel quadro? Si vedeva perfettamente che in un angolo era strappato…” “E a occhio si direbbe che combacia con il pezzo rimanente della pagina” “Non è né una lettera, né un numero: è un disegno.” “Ti ricordi cos’era?” “No, è astratto mi pare. Se non troviamo il modo di far combaciare questo pezzo con l’altro non lo capiremo mai.” A un tratto, colte soprappensiero, sobbalziamo entrambe: qualcuno ha suonato alla porta, ma quando vado ad aprire non c’è nessuno. Per terra c’è un pacchetto incartato male e in tutta fretta, con una piuma poggiata sopra. Lo porto dentro cercando di restare calma, Marta è ancora più eccitata di me. Lo scarto. Il cuore mi salta un battito. E’ il quadretto. Ormai non c’è alcun dubbio; il vecchio ha a che fare con questa storia “Ma come…?” fa Marta “Immagino che ci avrà seguite” rispondo. Strappo subito il pezzo di carta rimanente dal libro e l’appoggio con cautela sul quadretto. Combacia. Ci mettiamo un po’, io e Marta, a capire di che cosa si tratta, ma alla fine realizziamo: è una mappa. Ho con me il libro e il quadretto nelle borsa. Marta mi prende sottobraccio e cerchiamo di scaldarci, ma è tutto inutile. Ormai dovremmo essere arrivate. E lo vedo. Mi si smorza il respiro. L’ombra sembra deformarlo più di quanto è “Fermo! Non lo faccia!” ci mettiamo a correre con le lacrime agli occhi per il freddo. Non mi sento più le orecchie e le dita dei piedi. Mi fanno male . Il vecchio sta a cavalcioni sul ponte. A cavalcioni sul filo della sua vita. “La prego non si butti!” Lui ci sorride “Come avete…?” non lo faccio finire “E’stato lei a dirci tutto quanto, signore…e il titolo. Ho capito subito che non c’entrava niente con la storia, ma era solo un massaggio: Prima della Notte, cioè quando lei…lei…la prego non lo faccia!” “E perché no? Tanto nessuno se ne accorgerebbe e poi…sono troppo vecchio, sono stufo della mia vita. Stufo.” Cambiò espressione “Ma perché?” chiese Marta, disperata. Io invece avevo capito. Incredibile…Presi il libro dalla borsa e cercai di metterlo in luce perché lui potesse vederlo. Il vecchio sorrise amaramente e tirò fuori dalle tasche del cappotto logoro delle carte appallottolate: le pagine strappate. Cercai di avvicinarmi di più a lui con cautela, Marta mi seguiva. “Lei è…Logan Moore, vero?” dissi, trattenendo il fiato “Su i suoi quadri, dietro la cornice sono incise le iniziali del suo nome: L.M.” Il vecchio alzò le mani in segno d’arresa “Sì, sono io” “Sua moglie è morta nel ’63,sbaglio?” Il vecchio piegò la testa da un lato e si rabbuiò in volto “Non meritava di morire in quel modo, come un cane. Non doveva finire così…io l’amavo. L’amo ancora…Pensavo che cambiare paese avrebbe alleviato il dolore e invece…invece soffro ancora.” Mi accorsi che stava piangendo. Feci altri due passi verso di lui. Il vecchio si protese di più verso l’altra estremità del ponte. Verso il nulla. Trattenni il fiato: dovevamo fare qualcosa. “Signore, perché ha strappato le pagine?” sentii dire Marta dietro di me. L’uomo nemmeno la guardò e continuava a ripetere parole sconnesse, poi sembrò riscuotersi dentro di sé “La storia…è male” sbiascicò “Come finisce la storia?” cercai d’insistere. Il vecchio cominciò a dondolarsi avanti e indietro, come un bambino che è sul punto di sputare il rospo “Eliadra morirà in battaglia. Alexander vincerà ma si toglierà la vita per raggiungere in cielo la sua amata” Strinse in pugno i fogli di carta come se avesse voluto strangolarli “Non doveva finire così…” ripetè. Forse cominciavo a capire. Feci un altro passo avanti. Marta invece era nel panico più totale “Ma allora perché non ha cambiato il finale?” chiese con voce malferma. Il vecchio si sporse ancora di più. Chiusi gli occhi. Era troppo. Invece mi sorpresi a sentire ancora la sua voce “Non si può cambiare il passato, ormai quel che è successo è successo. Mia moglie non c’è più…non sarà cambiando il finale di un libro per il meglio che riporterò in vita mia moglie. Ormai l’ho persa per sempre.” Rise amaramente tra le lacrime .Il Pazzo. “E adesso finalmente anch’io come Alexander potrò raggiungere la mia amata…”Si voltò del tutto e io ne approfittai per afferrarlo su una manica. Marta lo tirò indietro per quell’altra. Il vecchio ci cascò addosso, si coprì il volto con le mani e cominciò a piangere sonoramente. Mi fece un certo effetto. Cercai di allontanarmi il più possibile da lui. “Signor Moore” dissi “è vero il passato non si può cambiare, l’uomo è impotente in questo. Non è mica semplice come cambiare il finale di un libro, lo ha detto anche lei. Però questo può farlo, può scriverlo se vuole. Tenga.” E gli porsi il libro “questo gli appartiene. Un libro così bello merita un finale insuperabile che, sono sicura, lei saprà scrivere.” Il vecchio sorrise a me, a Marta e poi al libro. Al suo libro. Alla fine mormorò un “grazie” e, come per magia il piccione grosso planò verso di noi facendo la sua comparsa inaspettata e gli si appollaiò sulla spalla. Marta rise.. “C’è una cosa che non capisco, però” mi disse Marta. Stavamo passeggiando al parco. Le mani in tasca e gli occhi rivolti verso il basso. Ciascuna avvolta nei propri pensieri dell’altra notte “Se voleva morire senza che nessuno glielo impedisse, perché allora ci ha spedito il quadretto? Insomma, sapeva che avremmo capito tutto.” Alzai le spalle “Forse perché è veramente un pazzo, oppure perché dopotutto aveva paura di farla finita e voleva qualcuno al suo fianco che gli suggerisse un motivo qualsiasi per non separarsi ancora dalla vita” Marta alzò le spalle e starnutì “Sarà” sbuffò.

Bianca Botondi 3D

“I Passi dell’Amore”,... no! Non credo che piacerebbe a molte persone. “il Codice Da Vinci”,... no! L’avranno già letto in tanti! Vediamo un po’... eccolo! “Notte prima degli esami”! Perché proprio questo libro? Lo spiego subito. Questo libro, dal quale è stato tratto anche il film, narra di un gruppo di ragazzi, in particolare di uno, che, tra vari scherzi e peripezie, passa gli esami di maturità per accedere all’università. L’autore, secondo me, vuole far percepire agli adulti ciò che i ragazzi provano, e farli tornare anche un po’ indietro negli anni, ai bei tempi della scuola superiore. In modo particolare mi ha colpito il fatto che, Luca, il protagonista, nonostante le varie ripetizioni date da un prof. che inizialmente odiava, non riesce proprio a studiare, perché interessato ad una ragazza (tra l’altro la figlia del prof.!). Così il buon prof., gli dice che se agli esami lo vedrà in difficoltà, gli chiederà sicuramente la vita e le opere di Giacomo Leopardi. Arriva il fatidico giorno, e Luca, alla prima domanda, è già in difficoltà. Entra in azione il prof. che, al contrario di come promesso, gli domanda la vita e le opere di Alessandro Manzoni! E qui c’è il colpo di scena: la notte precedente Luca aveva ripassato tutti gli autori studiati durante l’anno, tranne Giacomo Leopardi, perché sapeva benissimo che era una bugia! Luca passa brillantemente gli esami con le congratulazioni di tutti i prof.! MI è piaciuto molto questo libro, perché è molto divertente e gradevole da leggere. Scelto il testo, mi sono diretta verso uno dei pochi pub che ospita Terni, dove il book-crossing è di casa. La prima volta che sono entrata non era proprio come me lo immaginavo: un grande bar, da una parte, dove poter mangiare, bere,... qualsiasi cosa; dall’altra degli scaffali e delle librerie enormi pieni di libri, alcune sedie e dei tavoli, dove si potevano notare persone di varie età, intente a leggere dei testi. Mi sono avvicinata ad uno scaffale e ho lasciato il mio libro in mezzo a tanti altri, in bella vista. Aspettando che qualcuno si facesse avanti per leggerlo. Dopo poco un bel ragazzo, alto, moro, con gli occhi chiari, si è avvicinato ed ha cominciato a leggerlo, e poi si è avviato verso l’uscita, ma proprio quando stava per andarsene pensai che non lo avrei più rivisto, e forse è questa la ragione per la quale mi sono avvicinata a lui e gli ho chiesto se gli era piaciuto il libro. Lo guardavo con attenzione, era bellissimo, quasi innaturale! Mi accompagnò a casa. E parlando ho scoperto molte cose su di lui, alcune affascinanti, altre un po’ meno. Al momento di salutarci (incredibile, ma vero), mi ha baciato. Ci siamo rivisti varie volte, nel pub, nei giardini pubblici,... ci divertivamo un mondo insieme. Un triste giorno di Agosto, Luca(così si chiama) mi ha presentato la sua ex-ragazza Camilla, come si poteva immaginare, ancora cotta di lui. Inizialmente siamo diventate amiche, sembrava simpatica: ma, purtroppo, dopo qualche mese, li ho trovati abbracciati, che si scambiavano teneri baci su quella che, lui mi aveva detto, era diventata la nostra panchina... il dolore fu enorme. E così tutto è finito. Dopo circa un mese sono tornata al pub ed ho riletto il mio libro interamente. Al momento di abbandonarlo ancora così che qualcuno lo potesse leggere, la mia mano s’incontrò con quella di un bel giovane, biondo, alto, con gli occhi marroni. Siamo diventati amici, niente di più. Avevo promesso a me stessa che non mi sarei più innamorata di nessuno, e infatti questo è accaduto subito! Dopo circa 20 anni (ci eravamo sposati!), Andrea, nostro figlio, giocava allegro nella stanza con le sue costruzioni preferite.
Ecco come un libro può unire le persone, io ne ho le prove!

Eleonora Cresta  3D

Una mattina di un giorno come tanti, come al solito mi trascino giù dal letto e corro in bagno. Esattamente trenta minuti per lavarsi, vestirsi e fare colazione ma…. Ritardo!!! Come tutte le mattine sono ancora in ritardo, una spruzzatina di profumo e di corsa giù per le scale senza nemmeno mangiare. Mi infilo il casco e via per le strade affollate della città, si vede dappertutto la gente: i normalissimi lavoratori che , come me, si apprestano a raggiungere il posto di lavoro e se per caso qualcosa non va e il ritmo rallenta ci si attacca speranzosi alla sirena del clacson, tutto per colpa del sonno e di quel sogno stupendo interrotto dal frastuono della sveglia. Ma per quanto fosse stupendo ora non me lo ricordo più e ancora con il terrificante peso in testa del traffico mattutino mi affretto a raggiungere la metropolitana, direzione: redazione del giornale nazionale, dove lavoro.
Mi siedo appena in tempo. Non ho voglia di sentire il rumore assordante della metropolitana che scorre sui binari, perciò mi metto le cuffiette dell’mp3: rap, rok, pop, metal, sento tutti i brani, poi sobbalzo. Sono arrivata, scendo e ritrovo la realtà, entrando nuovamente nel caos cittadino. Pochi passi e sono al lavoro, appena entro sono sommersa da fogli svolazzanti, notizie, parole e scartoffie…perciò mi metto subito davanti al monitor a scrivere. Scrivo e scrivo come tutti i giorni, la mia mano corre velocemente tra i tasti della tastiera per riportare le notizie che provengono da tutte le parti del mondo.
Torno a casa stanca morta e mi lascio andare, si ripete la stessa storia di ieri, di tutte le mattine: sono in ritardo. Prendo la metro, sento la musica e scrivo…
Esco dal lavoro alla solita ora e prendo la metropolitana, c’è parecchia gente che va qua e là alla ricerca del vagone giusto; io fortunatamente trovo il mio solito posto è strano come faccia a ritrovarlo, ma questo non è importante. Mi siedo,sto per prendere l’mp3 quando lo sguardo mi va lì, per terra, appena sotto il mio sedile. C’è qualcosa di rettangolare, non molto alto.. un piccolo sforzo e…un libro. Ma come un libro??!! Io pensavo chissachè e invece è solo un libro. Buf! Comunque lo prendo e lo infilo nella borsa. Torno a casa , strano non ho sonno.. poi mi viene in testa un pensiero insolito, che in quel momento , scossa dalla mia frenetica vita, non avrei mai fatto: prendere il libro. Lo estraggo delicatamente dalla borsa, è sporco, impolverato, ha pagine ingiallite eppure non è vecchio, chissà chi lo ha perso?. Ed io che l’ho trovato proprio lì sotto il sedile,forse non l’avrei dovuto prendere…l’ho rubato? Oh basta! Quello che conta è che ora sono attratta ed incuriosita da questo libro. “Sotto il burqa” ecco il titolo, Deborah Ellis è l’autrice. Le pagine hanno un odore strano, di terra, di tante mani che l’hanno toccate. Mi metto nel letto ed inizio a leggere: Parvana…. Cado in un sonno profondo dopo appena poche righe. Il giorno dopo torno alla triste realtà di sempre, decido però di tenere per me il fatto del libro, ai colleghi, agli amici, ai genitori o a chiunque; lo so solo io. L’unica cosa che mi ricordo è Parvana, ma chi è Parvana?. Questo non lo so. Ora sono a casa, ho aperto il libro e lo sto leggendo. Parvana ha undici anni, vive in Afghanistan a Kabul, la sua è una vita difficile: bombe, guerra, morte ed in più la dignità spezzata delle donne, loro, lì, sono nascoste non solo 
Materialmente sotto il burqa ma anche moralmente perché escluse dalla vita sociale. Proseguo a leggere, scopro che Parvana vive con il padre, la madre e tre fratelli. Un giorno il padre viene arrestato …Leggo, leggo, leggo ancora non mi stanco mai, non sento il peso del sonno o almeno non lo voglio sentire. Ora voglio ascoltare la voce di Parvana che dopo l’arresto, ingiusto del padre da parte dei talebani, è costretta a travestirsi da ragazzo per girare tra i pericoli della città, vendendo piccoli oggetti e sperando di portare a casa qualcosa per vivere. 
Mi fermo così e Morfeo finalmente riesce a prendermi, è come se fossi sveglia lo sento: “Parvana è forte, ce la farà”. Non credevo che un libro mi potesse prendere così, oggi non vedo l’ora di tornare a casa per “rincontrare” Parvana e la sua storia sotto il burqua. Ecco finalmente ci sono,leggo velocemente ma capisco tutto, percepisco tutta la sofferenza ma anche la semplicità e l’essenzialità di quella vita fatta di poche cose, di pochi elementi. Arrivo alle ultime pagine so che Parvana ora deve partire con il padre, che è tornato. Parte alla ricerca degli altri familiari che poche pagine prima erano emigrati in un posto non occupato dai talebani ed invece si erano imbattuti proprio nella loro cattiveria, insieme a tanta altra gente.
Parvana che parte e va via, mi lascia lì, immobile, ferma nel mio letto. Così finisce il libro. Lo chiudo e lo lascio sopra il comodino.
Mi sono informata c’è un seguito del libro ma… non lo prenderò, per ora, voglio finire così ed immaginarmi Parvana e ciò che farà. 
Uno dei giorni successivi riprendo il libro, lo sto per riporre nello scaffale ma, appena lo prendo cade fuori, dalle ultime pagine, un foglietto rettangolare, lo raccolgo: è una cartolina, tutta rotta e strappata, attaccata malamente con dei pezzettini di nastro adesivo. Sullo sfondo ci sono colline giallognole, poi una pianura arida, pochi alberi e in primo piano una baracca di legno e lamiera rovinata, quasi a pezzi. In alto grande, una scritta in inglese, tradotto: “ Il Paradiso dei Piccoli”.
Sembrerà strano e impossibile la ora mi trovo qui, su un aereo, sotto di me vedo solo nuvole, bianche e candide come panna. Di preciso non so dove mi sta portando, in oriente, in Afghanistan sì…c’è scritto sul biglietto, ma dopo? Non so bene cosa farò ma devo riuscire a raggiungere “ il Paradiso dei Piccoli”.
Mentre volo penso a quello che sto facendo, è la cosa giusta, per un po’ di tempo il mondo e la vita frenetica che mi vengono dietro possono aspettare.
Attero, mi prende un taxi e mi porta in un hotel. Tutto è così diverso, così strano, più semplice ed in certi aspetti più triste, molto più triste.. mi guardo intorno: strade di terra e polvere calpestate freneticamente da uomini e donne coperte dal burqua, ogni pochi metri c’è una bancarella che vende cianfrusaglie o cibo tipico di queste zone: tutto è così simile al libro. Non sono a Kabul, ma in un’altra città, è piccola, il nome non me lo ricordo, cioè, è troppo difficile da pronunciare. La mattina seguente scendo dalla camera, devo assolutamente trovare informazioni, fortunatamente mi imbatto in un cameriere molto gentile, dall’aria seria e generosa. Parlo in inglese, gli spiego in poche parole che devo assolutamente trovare” il Paradiso dei Piccoli”. Mi risponde che forse è una semplice baracca con un nome fasullo, non ci credo, non può essere un nome fasullo.
Domando, al cameriere, se sa dove si trova, se è li vicino, se,se,se….. avrei continuato all’infinito se lui non mi avesse bloccato; mi sfila di mano la foto ed inizia a scrutarla molto attentamente. “Riconosco questo monte, forse ti ci posso portare” dice. La mia gioia è ….esageratamente tanta.
8:30, orario di partenza, faccio colazione in fretta e poi aspetto il cameriere gentile alla hall, salgo in macchina, mi dice che la strada è abbastanza lunga. Io non ho problemi, aspetto. Passano una, sue, tre ore. Attraversando una strada ghiaiosa mi indica con la mano il monte…: “Stop!” Grido, lui sobbalza e si ferma. La coda dell’occhio mi aveva portato a guardare lì, su un piccolo angioletto al lato destro della strada, mi giro, eccola, in fondo ad una piccola depressione del terreno, coperta da molti alberi c’è la baracca in legno e lamiera. Scendo dall’auto, cammino veloce, non so cosa ci sia lì dentro e più ci penso più cammino velocemente, corro, poi rallento, sento delle voci, sono arrivata. Cammino di soppiatto, ho la porta davanti a me. La apro pianissimo … non ho ancora visto nulla.. infilo appena l’occhi nella fessura e…vedo tanti bambini; giocano, scherzano, ma soprattutto ridono: che bei sorrisi, veri, aperti, sinceri. Che cosa c’è di più bello di un sorriso?. È una scuola, ci sono delle lavagne e alcune sedie, eccolo è “il Paradiso dei Piccoli” di quei piccoli sorrisi che lì vivono bene, felici al di là di tutte le tristezze e le cose brutte. Ho guardato già troppo, chiudo la porta e mi dirigo verso la macchina. Durante il viaggio non parlo, stringo solo a me, tra le braccia un libro, quel libro: “ Sotto il burqa” che mi ha fatto arrivare fin lì e scoprire una cosa che per molti può essere banale ma per me che non avevo capito bene no: il sorriso di quei bambini anche se povero come la loro vita vale molto di più di qualunque ricchezza superflua della mia frenetica vita e loro, se sorridono, saranno il futuro felice di quel paese. 
Ciò che ora sto facendo è ridere, rido, rido e rido. Sono tornata a casa, ora qui è diverso; quell’esperienza mi ha lasciato un impronta in me e una strana forza positiva. Mi sono svegliata, sono comunque in ritardo, la città scorre veloce intorno a me. Entro nella metropolitana, mi siedo, poi un’ idea, estraggo delicatamente il libro dalla tasca, mi assicuro che ci sia la cartolina nell’ultima pagina e lo metto sotto la sedia, non sotto la mia ma sotto una vuota. Con questo gesto spero fortemente che abbandonando il libro,  qualcuno che si siederà su quella sedia lo prenda e viva le mie stesse emozioni. Entro al lavoro e mi metto a scrivere, sto ancora scrivendo, scrivo di me e della mia storia, così come l’ho vissuta, sto scrivendo queste stesse parole e poi concludo così: “ chi l’avrebbe mai detto che sarei diventata una book-crosser?” lo sono perché voglio trasmettere le mie emozioni, come chi ha lasciato il libro le ha volute trasmettere a me… così ho decisa che nella mia vita sarei stata anche una book-crosser”… 


Giorgia Ionita  3D

Inghilterra 1941


Era un triste pomeriggio d’autunno, la tempesta non accennava a placarsi e l’antico castello era scosso fin dalle fondamenta. L’aria era gelida e tersa. La pioggia batteva lugubre contro i vetri e la candela di Elisabeth era quasi del tutto consumata quando nel tenue bagliore della luce morente, vide spalancarsi gli occhi lucenti di…di un gatto…Era il suo gatto. Preoccupata, nascose la lettera. La debole luce gialla della luna, filtrava attraverso le persiane. Elisabeth si affrettò a uscire, celò la lettera in un libro e lo lasciò in una “biblioteca” abbandonata.
Nel corso degli anni, il libro viaggiò da una biblioteca all’altra,
fino ad arrivare nel 2002, in un book-crossing, posto, dove tutti possono prendere libri, leggerli e riportarli, diffondere l’amore per la lettura.
Un libro antico, dalle pagine ingiallite per i luoghi anni che aveva vissuto, un copertina marrone e rigida che alimentava nel lettore la voglia di leggerlo, di scoprire il suo mistero, perché, anche se stampato 61 anni prima, era il libro più discusso nei book-crossing, una trama che affascinava ogni lettore. Una margherita bianca, essiccata, usata come segnalibro, lo rendeva semplicemente unico.
Furono in tanti a leggerlo, ma nessuno aveva mai scoperto il suo mistero, il suo segreto, eccetto Thea. Una ragazza che non amava ogni genere di libro; prima di iniziare a leggere, osservava in modo particolare la copertina, gli autori e lo spessore. Assaggiate le prime pagine, si appassionava e cercava di vedere il seguito, di arrivare al finale. Sosteneva che leggere o non leggere, è una scelta di vita che arricchisce la persona, la rende completa e capace di esprimere le proprie idee. Prendere un libro, leggerlo e riportarlo in un altro luogo, facendolo così girare, non è solo un modo di diffondere l’amore per la lettura, ma è anche un modo di fare nuove amicizie, di confrontare le idee.
Per Thea, non era la prima volta che prendeva un libro, amava chiedersi chi lo avesse abbandonato e perché. Non leggeva mai la trama riportata dall’autore, ma si fidava del suo intuito, voleva che ogni libro fosse una scoperta.
Era autunno, verso la fine della giornata, quando il cielo insanguinato dal sole al tramonto rifletteva nell’acqua le nuvole scarlatte, importunava tutto il fiume; infiammava l’orizzonte, rendeva incandescenti e dorava, intorno a loro, gli alberi già imbionditi e contornavano di porpora le montagne. 
Il vento portava con sé odori buoni, rubati nei boschi e alla campagna, ora di more nascoste in rovi spinosi, ora di maturi acini d’uva pendenti in grappoli ai rami d’una vigna. Quel giorno, Thea era andata al book-crossing, intenta a prendere un libro diverso dal precedente: più vecchio, un libro che dava l’impressione di essere stato vissuto in prima persona dai tanti lettori, un libro che anche se arrivati alla fine, si voleva saperne di più e non ci si accontentava del finale scritto dall’ autore.
“La ragazza con l’orecchino di perla”- l’affascinante storia del celebre pittore Veermer e della serva, Griet; la loro intensa relazione fatta di sguardi, frasi dette e non dette; il quadro di Griet che fece scalpore.

Inghilterra-23 Novembre 1941
Cara Mary,
Una settimana fa ho sentito il duca dei Galles, parlare con mio padre, sul fatto che non potevo diventare la regina d’Inghilterra, perché la nostra famiglia è imparentata con i Galles, quindi anche suo figlio avrebbe diritto al trono. Non può diventare il re!!! Oggi l’ ho sentito nuovamente e si è deciso che lui diventerà il re accanto a me…perciò…ho rubato…questo documento..nel quale è stata firmata l’unione delle due famiglie. Non voglio e non lo vorrò mai, perciò, dopo aver letto questa lettera, devi bruciarla, insieme al documento…
Elisabeth 
Una lettera nascosta nella copertina del libro, lontano dagli occhi indiscreti della gente. Solo Thea lo aveva scoperto; inizialmente pensava che si trattasse di uno scherzo, ma confrontò la firma con quella della regina Elisabetha d’Inghilterra. Erano identiche. Decise di informare un museo storico dell’accaduto; della lettera e del documento; che a sua volta si mise in collegamento con il Buckingham Palace. Nel corso degli anni, il figlio del conte dei Galles era morto e i suoi figli non avevano più il diritto al trono. La notizia fece molto clamore, anche perché solo la regina sapeva dell’ accaduto.”Come mai in tutti questi anni nessuno aveva cercato il documento??? Il figlio del conte dei Galles aveva rinunciato al trono d’Inghilterra.
La televisione e i computer potranno, forse, sostituire i libri, grazie anche all’ E-book, ma non sostituiranno mai il piacere di tenere un libro, di girare pagina per pagina, di emozionarsi alle descrizioni dei paesaggi, di poterlo leggere ovunque e comunque. Un libro racchiude sentimento, comicità; può essere asciutto o pomposo. 

Francesca Placidi classe 3D

Era una fresca giornata di primavera e mi preparavo a fare la solita corsa per il parco di prima mattina.
Ma quella non era una giornata come tutte le altre:percepivo sul viso un’aria che mi accarezzava le guance e i rumori erano come ovattati.
C’era un’atmosfera tranquilla.
Sentii che quella sarebbe stata una giornata speciale e, infatti, così fu.
Percorsi il parco a piccoli passi perché non avevo voglia di correre e sudare ma volevo godermi quell’atmosfera e osservare gli alberi in fiore che emanavano un profumo leggero e pulito.
Guardai l’orologio e mi accorsi che era ancora molto presto e nel parco c’eravamo solo io ed un pittore che immortalava i colori rosei del cielo appena illuminato da un pigro sole all’orizzonte.
Mi sedetti su una panchina sotto un tiglio profumato e fu lì che rimasi profondamente stupita: poco distante da me vi era un cartello con su scritto “Bookcrossing” e sotto, dimenticato da tutti, un libro.
Mi affrettai a prenderlo, era fresco e ricoperto di fiori caduti dal grande tiglio.
Scostai i fiori per scoprirne il titolo ma le scritte erano sbiadite e la copertina si era rotta quindi riuscii solamente a leggere “Cent’anni…”:
Non mi importava il titolo ma ciò che desideravo in quel momento era cominciare a leggere ed aprii così la prima pagina.
Notai con la coda dell’occhio il pittore, che dipingeva poco prima l’alba, avvicinarsi a me scuotendo la testa.
Quando giunse a circa un metro disse: “ Cara mia, anche te con quel libro maledetto! Anch’io lo lessi quando ero giovane e ne rimasi profondamente scosso. Ti dico solo che la mia vita cambiò radicalmente”.
L’uomo aveva un’aria lugubre; degli occhi scavati nerissimi sottolineati da profonde rughe che gli solcavano tutto il viso, delle labbra sottili e severe.
Tuttavia era molto determinato e intelligente e ormai osservavo i suoi dipinti da qualche mese.
Se ne stava tutto il giorno seduto sul suo sgabello a dipingere, sempre solo, non parlava mai con nessuno.
Nonostante le intimazioni dell’uomo cominciai tranquillamente a leggere il libro all’ombra dei raggi solari che ormai si erano fatti più caldi.
In quella panchina in mezzo al parco i rumori della strada non giungevano quasi per niente e il tempo sembrava essersi fermato.
L’aria non era più fresca, ma non si era fatta nemmeno afosa, era semplicemente ferma come se volesse immortalare per sempre quel giorno e così, in un certo senso, fece.
All’ora di pranzo avevo già letto molte pagine di quel libro che in fondo mi dava quasi una pace interiore e mi trasmetteva calore.
Alle due tornai a casa inebriata dalla storia e con il pensiero ancora rivolto a quella.
La realtà che ormai mi circondava era secondaria, perché la vera realtà si trovava nel libro.
Mi telefonò Lizze e dopo che ebbe chiacchierato a macchinetta senza tregua per più di un ora decisi di raccontarle del libro, ne sentii il bisogno, ma solo dopo capii che era stato inutile.
“Ho trovato questo antico libro, ambientato in epoca imprecisata, in un luogo inventato con il nome di Facondo. Tutto ruota intorno alla famiglia patriarcale dei Buendìa in cui c’è la classica donna di nome Ursula, che si occupa della casa.
Ursula come personaggio mi piace perché…”
Non mi fece finire nemmeno la frase che Lizze cominciò a sbuffare e disse che aveva molto da fare.
Non le interessava e questo mi dispiacque molto visto invece che io mi ci trovavo dentro a quel libro.
Decisi cos’ di terminarlo in quel giorno, ma l’avrei letto sulla spiaggia, sulla mia spiaggetta in cui non c’era mai nessuno.
Mentre facevo questi pensieri mi bloccai: proprio io che volevo stare sempre dove c’era confusione e gente, ora volevo stramene nei posti più isolati.
Bha…chiusi a chiave la porta ed ebbi la spiacevole sensazione che quella sarebbe stata l’ultima, fu come partire per un viaggio senza ritorno.
“Che sciocchezze” pensai.
Ma sentivo dentro di me una vaga nostalgia e inquietudine.
Mi sedetti sulla spiaggia deserta e sentii di nuovo quell’aria che percepii quella mattina, ma non ebbi la stessa sensazione, anzi…
Mi sembrava che una mano subdola cercava di non farmi percepire il pericolo, e nonostante avessi percepito questo continuai ad andargli incontro.
Tutto era cominciato per il meglio e il libro la mattina mi era sembrato una lettura assai piacevole mentre in quel momento ne ero quasi ossessionata.
Verso la fine mi resi conto che avevo la fronte imperlata di sudore e un’ansia terribile che mi mangiava dentro.
Forse il pittore aveva ragione, non avrei dovuto leggerlo, ma ormai lo avevo finito, stavo all’ultima frase “ Tutto quello che vi era scritto era irripetibile da sempre e per sempre perché le stirpi condannate a cent’anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra”. 
Finito.
Avevo appena finito di leggere la sorte della mia seconda vita.
Ora non sono più Francesca, bensì Ursula…
Martina Marchetti 3D

“Nonna ci racconti una storia?”
“Si certo e spero che vi piacerà.”

Era circa il 2012 e come già sapete da allora amavo molto leggere.
In quegli anni si stava espandendo un nuovo sistema di diffusione dei libri chiamato book-crossing.
Il book-crossing consisteva nell’abbandonare un libro in un luogo,molto affollato, per dare a qualcun altro la possibilità di leggerlo e abbandonarlo di nuovo in un posto simile.
Io ero andata in una caffetteria, perché sapete benissimo che sono caffè dipendente e come tutti i pomeriggi non potevo resistere senza caffè, quando mi accorsi che era un punto d’incontro fra book-crosser, così incuriosita decisi di prendere un libro.
Il mio genere preferito era e lo è tutt’ora il romanzo quindi andai nel settore dei romanzi e ne scelsi uno.
Presi “I promessi sposi”, libro che io avevo già letto e analizzato ma mi aveva affascinato talmente tanto che decisi di rileggerlo.
Questo libro parla della storia d’amore tra Renzo e Lucia, resa impossibile da un signorotto del posto, il perfido don Rodrigo, invaghitosi di Lucia.
Finito ogni capitolo mi accorsi che sempre, in fondo all’ultima pagina, vi era un commento, una dedica, un pensiero personale di chi lo aveva letto prima di me.
Questa cosa mi incuriosì molto, erano parole dolci, e non scritte tanto per fare qualche cosa ma sentite veramente, con il cuore.
Mi ero appassionata a quei pensieri e ogni volta che li leggevo mi venivano in mente sempre piu’ domande.
Chi poteva averli scritti ?
Sarà un uomo ? O forse una donna?
Spesso i pensieri appuntati erano tristi, malinconici,probabilmente chi li aveva scritti stava soffrendo, chissà, come mai soffriva?
Dalle parole sembrava in pena per un amore impossibile come quello di Renzo e Lucia.
Scriveva che la ragazza amata l’aveva incontrata solo una volta ma da quella volta non faceva altro che pensare a lei.
Scriveva che l’aveva vista una sera, in un ristorante dove lui lavorava come cameriere.
Povero ragazzo, pensavo, chissà come soffre!
Finii di leggere il libro in un mesetto circa e arrivata all’ultima pagina trovai una dedica piu’ lunga del solito con un fiore e un numero.
Nella dedica scriveva che ormai si era quasi rassegnato, perché probabilmente non l’avrebbe rivista mai piu’, ma per tutta la vita avrebbe continuato ad amarla.
Oltre alla dedica e al fiore vi era anche un numero: 284.
Nel trovare quel numero mi incuriosii sempre di piu’.
Cosa stava a significare?
Forse era un indizio?
Forse trovando il numero avrei raggiunto il ragazzo?
Così, partii alla ricerca. Provai tutti gli indirizzi con 284, mostrai a coloro che aprivano il libro e il fiore ma nessuno mi dava una spiegazione.
Provai i numeri telefonici e feci anche la somma delle tre cifre ma niente, anche gli indirizzi con il 14 non mi diedro nessuna spiegazione.
Dopo giorni di ricerche ormai mi ero arresa, così entrai in un'altra caffetteria e mi sedetti ad un tavolo.
Presi il menu’ per curiosità, e lessi: “Bar Ristorante 284”.
Non potevo crederci, involontariamente ero arrivata a destinazione e mi ricordai che io in quel posto c’ero gia stata .
Mi alzai e mi diressi verso il bancone.
Un ragazzo girato di spalle, indaffarato a riordinare mi disse che stavano per chiudere.
Io gli chiesi di girarsi e misi sopra al bancone il libro e il fiore che avevo trovato all’interno.
Non mi guardò neanche in faccia ma quando vide il libro e il fiore alzò il viso.
Era veramente bello e io capii, dalla sua espressione, che era stato lui a scrivere quei pensieri.
Nello stesso tempo quando mi vide il suo viso si illuminò.
L’espressione triste sparì e mi chiese se avevo letto quel libro.
Io gli risposi che lo avevo letto e le parole che lui aveva appuntato erano stupende.
Lui mi disse che la ragazza di cui parlava era esattamente come me, perché in realtà quella ragazza ero proprio io.
E’ così, cari nipoti, che ho conosciuto vostro nonno.
Vedete ragazzi, un libro può appassionare, può avere la funzione di intrattenere, può essere un modo per rilassarsi ma delle volte la funzione di un libro va oltre tutto questo, per esempio può far incontrare due persone, può far nascere un’amicizia, o un amore, come è successo a me e vostro nonno molti anni fa. 

Valeria Bertozzi 2D

Presi il libro che avevo momentaneamente appoggiato sul tavolo e uscii di casa. Quel pomeriggio sarei diventata una bookcrosser: avrei abbandonato il libro in una scuola della città sperando che qualcuno lo prendesse e lo leggesse, per poi scambiarlo con un’altra persona e poi un’altra ancora. Il libro che avevo scelto di lasciare era “Una barca nel bosco” di Paola Mastrocola. L’avevo letto durante l’estate e mi era piaciuto moltissimo. E’ un libro che ci può aiutare a superare gli ostacoli e i problemi, sia grandi che piccoli, e racconta la storia di un ragazzo che giunto in una nuova scuola, in una nuova città, si sente fuori luogo, sia perché a scuola è molto bravo e i compagni lo odiano per questo, sia per il suo modo “antico” di vestire che fa ridere i bulli della scuola. È un libro con mille svolte che fa capire quali sono le cose importanti della vita e quali no e che soprattutto mette in risalto un fenomeno oggi presente in molte scuole italiane: il ragazzo intelligente, ma indifeso davanti ai “padroni dell’istituto”. E’ un libro per noi adolescenti e per gli adulti che vogliono scoprire com’è fatto il nostro mondo
Corsi verso l’ingresso dell’edificio scolastico, entrai e curiosai nell’atrio: c’era un banco che cadeva a pezzi e decisi che avrei lasciato il libro lì sopra, così sicuramente qualcuno l’avrebbe notato; inoltre la scuola era un luogo perfetto dove lasciare quel libro: così se un ragazzo l’avesse letto avrebbe cambiato il suo carattere o comunque ci avrebbe riflettuto sopra, per non diventare e non essere mai, “una barca nel bosco. Uscii e mi diressi nuovamente verso casa. Finalmente ero stata una bookcrosser. 


Riccardo Fausti 3F

Vorrei lasciare per il bookcrossing il libro “Harry Potter e il principe mezzosangue”, il 6° libro di Harry Potter a mio avviso una lettura avvincente. Lo vorrei lasciare su una panchina in un grande parco perché penso che sia frequentato soprattutto da bambini e ragazzi e adulti e anziani che hanno voglia di fantasticare.
Il libro che vorrei trovare, invece, dovrebbe essere di genere avventuroso, non so il titolo è importante che sia scorrevole e appassionante e ancora una volta penso sia il parco il posto più adatto perché è un luogo dove si può stare in tranquillità e molte volte metà di lettori.


Andrea Giunta 3F

Io vorrei lasciare il mio libro preferito Il Gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach, in un aeroporto affinché persone di culture diverse lo possano leggere. 
Di questo libro mi ha colpito l’enorme senso di libertà di cui è portatore un gabbiano che non vuole essere uno dei tanti e seguire le regole del gruppo, ma vivere in libertà.

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