L'epopea di Gilgamesh è la più antica
storia che ci sia pervenuta dal passato, databile, nel suo nucleo
originario, nel III millennio a. C.
Narra di Gilgamesh, re di Uruk, per due terzi dio e per un terzo umano,
che incontrerà un sopravvissuto al grande
diluvio.
Crudele e dispotico, vessa i suoi sudditi. Questi si lamentano con gli dei.
Il dio An, sovrano del firmamento, accoglie la supplica e, per dare sollievo
al popolo, dispone la nascita di Enkidu, uomo primigenio, capace di
contrapporsi a Gilgamesh ma anche di stargli vicino.
I due diventano amici e si lanciano in grandi gesta, fino a quando Endiku
muore.
Gilgamesh prova per la prima volta un grande dolore.
Sublime il suo pianto per l'amico:
Quando l'alba spuntò,
Gilgamesh così parlò al suo amico:
"Enkidu, amico mio, tua madre la gazzella,
e tuo padre l'asino selvatico ti hanno generato;
con il latte degli onagri essi ti hanno nutrito;
e gli animali della steppa ti hanno guidato per tutti i pascoli.
I sentieri, o Enkidu, alla Foresta dei Cedri
piangano per te, non smettano giorno e notte...
[
Tavola VIII ]
Ma l'eroe, oltre al
dolore per la perdita di Endiku, prova anche la paura della morte ed allora,
attraverso incredibili avventure, cerca la strada per la vita eterna, che
per qualche tempo sembra a portata di mano. Alla fine però il sogno
s'infrange e Gilgamesh, costretto ad accettare la dura realtà, torna ad Uruk,
dove incide la storia sulla pietra ed incontra ancora il suo vecchio
compagno di avventure Enkidu, che però si ridurrà ad un'ombra.
Approfondimenti su
Homolaicus
che presenta uno studio approfondito sul
poema, compresa la traduzione delle XII Tavole (nella sezione Contenuto).
Così inizia:
Sarebbe ingiusto etichettare l'epopea solo come una parabola della
ricerca dell'immortalità. Le peripezie di Gilgamesh hanno risvolti etici,
filosofici e antropologici affrontati con una tale maturità e bellezza
poetica, che da tempo la critica letteraria ha elevato il poema al rango di
capolavoro, accanto alle opere di Omero, Virgilio e Dante...
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Gilgamesh con Enkidu, Museo del Louvre,
Parigi
[immagine tratta da
mystories.com ]
L’Epopea classica di Gilgamesh è un
rifacimento di opere letterarie precedenti, ricostruita dallo scriba
Sinleqiunnini in 12 capitoli, detti tavole, nel XIII - XII secolo avanti Cristo,
almeno quattro secoli prima dei poemi omerici.
Già dagli inizi del secolo XX critici e studiosi interpretano Gilgamesh come un
mito del dio Sole ed indicano nelle 12 tavole in cui è
suddiviso un riferimento ai segni dello Zodiaco Anche all'interno del testo ricorrono numeri, ad esempio:
Non sono stati i sette saggi a
porre le sue fondamenta?
(Gilgamesh vv. 19)
Per tre miglia quadrate si estende Uruk.
(Gilgamesh vv. 23)
Cinque sono i sogni premonitori di Gilgamesh.
(Tavole IV - VII)
Esso si recò al fiume Eufrate: sette volte.
(Gilgamesh vv. 120)
Al suo secondo sbuffo un’altra fossa si aprì e duecento uomini
caddero in essa.
( Gilgamesh vv. 124-125)
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